marcata tendenza al trasferimento volontario di attività produttive e di forza lavoro verso il nord Africa, ed in particolare verso la Tunisia.
ai primi posti provinciali per flusso migratorio
distrugge i vigneti e, secondo stime governative, solo a Marsala provoca 12 mila disoccupati tra contadini e operai
1901 cominciano a declinare, sotto la minaccia della concorrenza spagnola e nord-africana. Inizia la flessione della popolazione residente.
Aumentano gli espatri verso l'estero. A Brooklyn (NY), a Ridgewood (NY) e a Flushing (NY i siciliani si aggregano in Società di mutuo soccorso.
A partire dalla fine degli anni Quaranta, una sostanziosa ondata di trapanasi lascia l'Isola seguendo vecchie catene migratorie verso le Americhe, l'Australia ed il Centro Europa.
Una prima analisi dei flussi migratori trapanesi fa emergere una significativa peculiarità: negli anni 1876-1883 la provincia si colloca percentualmente ai primi posti (28,9% nel 1882), diversamente da quanto si verifica nel periodo 1884-1901 in cui saranno le altre provincie a prevalere. Nella terza fase (1902 al 1925), invece, il dato percentuale, rispetto al totale siciliano, tende nuovamente a risalire, omologandosi al resto dell'Isola con un valore minimo dell'8% nel 1904 ed un massimo del 25,6% nel 1917.
Resterebbe tuttavia deluso chi volesse rintracciare precoci incrinature economiche. La preminenza del primo periodo non si spiega con l'andamento dei locali settori produttivi che appaiono ancora in grado di reggere la competizione nei mercati nazionali, bensì con una marcata tendenza al trasferimento volontario di attività produttive e di forza lavoro verso il nord Africa, ed in particolare verso la Tunisia. Il forte sviluppo urbano della capitale magrebina richiama dalla zona costiera trapanese imprenditori e speculatori che aprono il cammino a salinisti e tonnaroti e successivamente a contadini e operai del settore edile.
Si formano in tal modo le cosiddette Petite Sicile, cioè gli agglomerati suburbani di Tunisi e La Goulette che fino al 1860 finiscono per accogliere quei tre emigranti trapanesi su quattro che continuano a scegliere come destinazione i Paesi del bacino mediterraneo.
Gli espatri della seconda fase, pur se in valore assoluto segnano un incremento, rimangono abbastanza contenuti rispetto al resto dell'Isola. La tendenza all'esodo dai paesi dell' entroterra, investiti contemporaneamente dalla crisi agraria e dal primo assalto degli agenti migratori, incontra, infatti, un argine nelle più evolute zone agricole della costa, specialmente in quelle nelle quali si era affermata oltre alla viticoltura, anche l'agrumicoltura e l'orticoltura.
Il corso degli eventi viene mutato dalla fillossera che a partire dagli anni Novanta distrugge i vigneti e, secondo stime governative, solo a Marsala provoca 12 mila disoccupati tra contadini e operai; ma anche dalla progressiva crisi delle saline che mentre fino al 1895 segnavano incrementi costanti di volumi e di valore, dal 1901 cominciano a declinare, sotto la minaccia della concorrenza spagnola e nord-africana. Nelle tonnare delle Egadi, infine, dove si pescavano mediamente 10-11.000 tonni l'anno, a partire dal 1910 si riducono drasticamente le quantità fino a 4-5 mila.
La crisi economica è contemporaneamente causa ed effetto del fenomeno migratorio che certo trova alimento nella riduzione delle risorse ma sembra soprattutto sospinto dal rapido affermarsi del sogno americano venduto, a Trapani come in tutta la Sicilia, da una rete particolarmente capillare di agenti e sub agenti delle compagnie di Navigazione.
Così nel periodo 1902-1925 si assiste ad una netta inversione rispetto all'andamento ottocentesco e, per la prima volta dalla nascita del Regno, nel decennio 1901-1911, la popolazione residente registra una flessione da 362 a 351 mila abitanti. I paesi più colpiti sono i centri agricoli dell'entroterra, dove uomini e famiglie, vinta la diffidenza per l'esempio degli altri, si liberano finalmente dal peso del latifondo. Non così nei comuni più importanti come Trapani, Marsala, Mazara e Castelvetrano che, pur contribuendo ad alimentare il flusso di espatri, mantengono un'elevata capacità di trattenere immigrati dall' entroterra.
Chi parte si dirige prevalentemente verso gli Stati Uniti, ma anche verso i paesi del Sud America e, più tardi dell'Australia. A Brooklyn (NY) si aggregano comunità trapanesi nella Società di mutuo soccorso "Monte San Giuliano", costituita nel 1907 da 80 ericini e nella Società Maria SS. di Trapani fondata nel 1920; ma anche Ridgewood (NY), nella Società Concordia Partanna, fondata nel 1905; a Flushing (NY), nella Società Santa Ninfa, incorporata nel 1903 ed a Glendale (NY), nella Società di mutuo soccorso "Calatafimi", fondata nel 1905. Altri sodalizi sorgono in California a Monterey, a San Francisco e a San Pedro dove si trasferiscono i pescatori e i marinai di Marettimo.
Tra le due guerre cominciano i rientri che contribuiscono non poco ad alimentare nuovi miti; ed, a partire dalla fine degli anni Quaranta, una sostanziosa ondata di trapanasi lascia l'Isola seguendo vecchie catene migratorie verso le Americhe, ma soprattutto alimentandone di nuove verso l'Australia ed il Centro Europa.
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